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La parodontologia è una branca specifica odontoiatrica che si occupa della salute del parodonto, cioè di quei tessuti che circondano i denti e gli impianti dentali.
Il parodonto è un sistema complesso formato da gengiva, legamento parodontale, cemento radicolare e osso alveolare. Esso mantiene i denti ancorati alle ossa mascellari e costituisce una fondamentale linea di difesa per le infezioni.
Il dente è una struttura rigida posizionata a metà fra l’interno dell’organismo e l’ambiente esterno, ricco di microrganismi potenzialmente dannosi. Se per qualche ragione l’equilibrio fra le difese dell’organismo e i batteri che vivono nella bocca si rompe insorgono una serie di malattie che possono portare nel tempo alla perdita dei denti e oggi anche degli impianti.
È stato valutato che circa 700 specie batteriche possono colonizzare la bocca e che qualsiasi individuo può ospitarne più di 150. La maggior parte di queste specie batteriche non sono dannose, solo alcune specifiche specie sono in grado di determinare le patologie parodontali.
Essendo il dente una struttura dura offre ai batteri una superficie adatta alla colonizzazione, qui essi si possono organizzare come uno strato tenacemente aderente, la placca. Con i sali minerali presenti nella saliva la placca può mineralizzare e diventare tartaro, non più eliminabile con lo spazzolino.
A seconda del fatto che siano reversibili o meno, le malattie parodontali si dividono in gengiviti e parodontiti.
La gengivite è un’infiammazione che interessa la gengiva intorno ai denti, gengiva marginale, dovuta all’azione dei batteri della placca. Si presenta con gengive irritate, arrossate e gonfie che possono sanguinare allo spazzolamento o al passaggio del filo.
E’ una malattia da non sottovalutare perché può essere il primo passo verso una malattia più grave, come la parodontite. Caratteristica delle gengiviti è che, se trattate, possono guarire completamente senza lasciare lesioni.
La terapia è data dalla rimozione della placca batterica che è la fonte dell’infezione. La placca batterica più densa, così come la presenza di eventuali depositi di tartaro, devono essere eliminati dall’igienista dentale attraverso l’uso di appositi strumenti, tra cui gli ultrasuoni.
La terapia vera e propria è però affidata al paziente e consiste nelle corrette manovre igieniche domiciliari: filo e spazzolino! La placca batterica si forma infatti di continuo sulle superfici dentali, tant’è che 6 ore dopo la pulizia più accurata si possono già ritrovare i primi depositi. Per questa ragione è fondamentale che l’igienista spieghi al paziente come pulire i denti e in quali zone prestare maggiore attenzione.
La ritenzione della placca può essere favorita da otturazioni mal eseguite, protesi dentali (capsule) non precise o malformazioni dentali. È importante che tutti gli interventi svolti dal dentista mantengano e ripristinino la corretta forma dei denti, levigatezza delle superfici e impediscano l’accumulo di cibo.
Se senti dolore alle gengive e noti anche solo un lieve rossore, o se ti capita di vedere sangue quando ti lavi i denti, prenota una visita dal dentista per verificare se hai la gengivite. Se il tuo problema ha a che fare con otturazioni eseguite male o protesi che non sono perfettamente integrate, il tuo dentista ti spiegherà come procedere. Se invece l’infiammazione è risolvibile con una maggiore e accurata igiene orale, sarà l’igienista dentale a spiegarti come curare questo problema. Ripercorri le norme di una buona igiene orale (leggi qui il nostro articolo a riguardo!): rieducati all’uso dello spazzolino e alle corrette manovre di spazzolamento. Lava i denti almeno tre volte al giorno (una volta dopo ogni pasto principale) e passa una volta al giorno il filo interdentale, nel modo che ti viene insegnato dal tuo igienista e avendo cura di non “stressare” ulteriormente le tue gengive con movimenti troppo bruschi. Per sicurezza, armati anche di un buon colluttorio. Infine, mantieni la calma! La gengivite è una infiammazione curabile e non grave, che si può sistemare in poco tempo.
La parodontite o malattia parodontale o parodontopatia o parodontosi, conosciuta anche, con un termine improprio, come piorrea è una delle patologie infiammatorie croniche più diffuse nella popolazione dei paesi occidentali: in Italia si stima che essa interessi, nella sua forma grave, circa il 10-15% dei soggetti adulti, mentre una percentuale compresa tra il 20 e il 30% sarebbe affetta da una forma lieve.
E’ la principale causa della caduta dei denti, responsabile di un grave deficit funzionale e nello stesso tempo è in grado d’influenzare in modo negativo la vita di relazione con un importante impatto sulla sfera psicologica, compromettendo il sorriso e determinando alitosi.
Le malattie parodontali sono malattie infiammatorie croniche causate da un’ infezione polimicrobica di un numero limitato di specie batteriche particolarmente aggressive.
Esse sono strettamente legate agli stili di vita e sono influenzate nel loro decorso e gravità da numerosi fattori locali e sistemici.
Le parodontiti sono causate da più fattori, la placca batterica gioca un ruolo fondamentale ma la sua azione è però sostenuta da elementi di predisposizione genetica e favorita da alterazioni della risposta immunitaria legata a condizioni sistemiche e da abitudini e comportamenti non adeguati dei pazienti. Gli stili di vita associati a un incremento del rischio di ammalarsi di parodontite sono, in particolare, la scarsa igiene orale, il fumo, lo stress, le malattie metaboliche e lo scarso esercizio fisico.
La lesione caratteristica di questa malattia è la formazione, per perdita di attacco e di osso, della tasca parodontale dovuta appunto alla distruzione di quei tessuti, gengiva, legamento parodontale, cemento ed osso alveolare, che circondano il dente.
La tasca è quindi uno spazio formatosi tra gengiva e dente, per spostamento verso l’apice del dente dell’attacco epiteliale, dell’attacco connettivale e dell’osso alveolare, spazio che il dentista può misurare, valutandone la profondità e la conseguente gravità, con un apposito strumento: la sonda parodontale.
La parodontite viene spesso, almeno all’inizio, misconosciuta dai pazienti. I sintomi più precoci possono essere: alito cattivo, gengive arrossate e gonfie, sanguinamento gengivale, dolore che può essere solo occasionale.
Questa malattia si presenta in maniera diversa a seconda dei ceppi batterici implicati e dalla risposta dell’ospite (per esempio la suscettibilità individuale a sfondo genetico, malattie sistemiche, gli stili di vita non corretti come scarsa igiene orale, cattive abitudini alimentari, il fumo).
Colpisce di più gli individui in età adulta ed avanzata ma può cominciare molto presto in giovane età.
Sostanzialmente oggi si riconoscono per lo più tre tipi di parodontite:
1) la parodontite cronica
2) la parodontite aggressiva
3) la parodonite ulcero necrotica
La terapia della parodontite si basa sul controllo degli agenti causali, cioè dei microrganismi responsabili della malattia e prevede quindi la rimozione costante ed efficace della placca batterica che si forma continuamente sulla superficie dei denti.
Questo perché nonostante ci siano dei fattori che influenzano la comparsa e la gravità della malattia, se si riduce quanto più possibile la quantità di batteri si riduce la gravità della malattia parodontale ottenendone, nei casi meno gravi, la guarigione!
Quindi, la strategia per il controllo degli agenti causali prevede come primo passo la rimozione della placca microbica sopragengivale e perciò la motivazione e istruzione del paziente a una corretta igiene orale domiciliare e ad un appropriato uso dello spazzolino, del filo interdentale, dello scovolino, del colluttorio. L’intento è di ridurre al minimo, la placca batterica residuata dopo le manovre di igiene orale.
Come secondo passo la strategia di controllo prevede la terapia meccanica non chirurgica: la rimozione della placca subgengivale con l’igiene orale professionale, effettuata dall’igienista dentale attraverso la strumentazione meccanica con apparecchi ultrasonici e curettes.
Se dopo la terapia causale non chirurgica permangono lesioni gravi (tasche parodontali con profondità di sondaggio maggiore di 4 mm., che hanno un alto rischio di recidiva perché difficilmente mantenibili) si ricorre alla terapia chirurgica. Infatti la terapia chirurgica parodontale ha come obiettivo principale quello di ricostruire una morfologia gengivale ed ossea, tale da facilitare l’igiene orale domiciliare del paziente. Le indicazioni alla chirurgia sono pertanto: trattamento di tasche >4mm, trattamento delle lesioni delle forcazioni dentali di II e III grado, ripristino dello spazio biologico.
Si riconoscono essenzialmente tre tipi di chirurgia parodontale: chirurgia resettiva, chirurgia rigenerativa, chirurgia mucogengivale. La scelta di quale tipo di chirurgia sia da eseguire è dovuta alle caratteristiche morfologiche e alla gravita’ delle lesioni (come: difetti ossei, infraossei, forcazioni).
1) La chirurgia resettiva ha lo scopo di eliminare le tasche con la resezione dei tessuti sia molli, gengivali, che duri, ossei, che ne formano le pareti (con guarigione caratterizzata dall’attacco dento-gengivale in posizione più apicale rispetto alla linea amelo-cementizia).
2) La chirurgia rigenerativa, invece ha lo scopo di rigenerare i tessuti parodontali andati distrutti e nei casi con difetti ossei più profondi può essere l’alternativa all’estrazione (la guarigione avviene con la formazione di un nuovo attacco dento-gengivale).
3) La chirurgia mucogengivale è intesa a correggere i difetti gengivali che possono essere difetti sia di forma sia di posizione o di quantità. La chirurgia mucogengivale interviene ad esempio per correggere le recessioni gengivali o ricoprire le zone esposte delle superfici radicolari dei denti o aumentare la gengiva per motivi estetici o protesici.
Sarà il parodontologo a consigliare il trattamento più adatto per poter guarire la malattia mantenendo la migliore estetica e funzione.
1) La gengivite ulcero necrotica G.U.N.A. è una forma di gengivite acuta poco frequente. Colpisce gli adolescenti e i giovani adulti. Puo’ essere ricorrente ed è correlata a stress psicologico.
È caratterizzata da dolore intenso tanto da impedire al paziente il lavarsi i denti e da provocare alitosi e sanguinamento gengivale. Le gengive arrossate e gonfie presentano a livello delle papille interdentali aree biancastre ulcero necrotiche. La terapia si basa sulla prescrizione di antibiotici (amoxicillina + metronidazolo) e sciacqui con colluttorio.
2) La parodontite ulcero-necrotica è una forma particolare che interessa individui giovani di 20-25 anni ed è dovuta a scarsa igiene orale in concomitanza ad altri fattori tipo stress, fumo, malattie sistemiche e come nei paesi del terzo mondo, malnutrizione.
Si manifesta con lesioni ulcerative dolorose delle papille gengivali interdentali e dei margini gengivali, sanguinamento delle gengive che mostrano sopra di esse strati giallastri pseudomenbranosi.
Gli impianti non hanno un vero e proprio parodonto, sono uniti strettamente all’osso (osteointegrati) e circondati da fibromucosa masticatoria. Per questa ragione sono più sensibili dei denti all’accumulo di placca e necessitano di maggiore attenzione. Possono essere colpiti dalle mucositi, una patologia simile alla gengivite e analogamente reversibile, o dalle perimplantiti.
Questa seconda malattia è caratterizzata dal riassorbimento dell’osso attorno agli impianti ed è frequente in quei pazienti che dopo la terapia impiantare non seguono le indicazioni di igiene orale o non sono stati adeguatamente motivati dallo staff medico dopo l’inserimento implantare. Anche se la cura è più difficile, in genere è possibile ottenere un rallentamento o un arresto della perimplantite.
Le recessioni gengivali o “gengive ritirate” o ”denti allungati”, come spesso lamentano di avere i pazienti, sono definite come lo spostamento delle gengiva dentale dalla sua posizione naturale, fisiologica verso la radice del dente e conseguente esposizione di una parte più o meno grande della superficie radicolare stessa.
Questi difetti gengivali non sono per lo più correlati alla malattia parodontale, spesso insorgono in pazienti con un buon grado di igiene orale a causa di errate manovre di spazzolamento. Spazzolare i denti in modo troppo energico, movimenti errati, spazzolino con setole troppo dure possono traumatizzare le gengive che rispondono “ritirandosi”. In questi casi, le recessioni gengivali molte volte sono accompagnate dalle abrasioni, cioè dalla perdita di struttura dentale, smalto e/o dentina. Anche un uso errato del filo interdentale può dar luogo alla formazione di cleft (piccoli taglietti vertivali) che esitano in recessioni.
Le recessioni gengivali possono derivare anche da trattamenti ortodontici per spostamento delle radici dei denti troppo verso l’esterno, al di fuori della parete ossea, in pazienti con gengive sottili e per questo poco resistenti. Altri fattori predisponenti di natura iatrogena sono i restauri incongrui come corone o otturazioni mal eseguite e che vanno opportunamente rimossi.
La causa delle recessioni gengivali può essere infettiva (accumulo di placca batterica), o addirittura l’esito della terapia parodontale. Quando si cura un paziente con parodontite, gengive infiammate e gonfie e tasche profonde si ottiene una guarigione (con riduzione delle tasche) in parte con rigenerazione dal fondo ma anche con retrazione del margine gengivale. Questo processo è positivo per la guarigione della malattia ma a volte esteticamente poco gradevole e va accuratamente valutato.
Spesso il paziente arriva dal dentista perché ha “un dente più lungo” e vuole “accorciarlo”. Talvolta però il dente che sembra più lungo ha una lunghezza normale, mentre ad essere più corti sono i denti vicini! Questa anomalia è dovuta alla cosiddetta eruzione passiva ritardata per i giovani pazienti e, all’eruzione passiva alterata, per gli adulti. Quando un dente è completamente erotto nell’arcata dentaria la gengiva si retrae finché il suo margine non raggiunge la linea che separa lo smalto della corona dalla dentina della radice (linea amelo-cementizia o CEJ) fermandosi circa un millimetro sopra di essa. Questo fenomeno può completarsi in tempi più lunghi della norma, e si parla di eruzione passiva ritardata come succede spesso per gli incisivi inferiori nei giovani. Oppure non si completa mai e si parla allora, per l’età adulta, di eruzione passiva alterata. La giusta diagnosi viene fatta dal dentista con il sondaggio e/o con una radiografia endorale.
Il trattamento delle recessioni gengivali è chirurgico, e/o conservativo se sono accompagnate dalle abrasioni e a volte anche ortodontico. Il trattamento è indicato nei casi di rilevanza estetica per il miglioramento della stessa, nei casi di ipersensibilità dentinale, e per evitare processi cariosi favoriti dall’accumulo di placca dovuto alla perdita del corretto profilo dento gengivale.
A seconda del diverso grado di distruzione dei tessuti parodontali, prendendo in considerazione sia l’aspetto clinico che lo stato osseo, le recessioni gengivali sono state distinte in quattro classi. Se si interviene quando queste lesioni si trovano nello stato di I o II classe abbiamo l’opportunità di raggiungere, con il trattamento, la completa guarigione di esse.
Le tecniche chirurgiche di trattamento delle recessioni gengivali sono diverse, la scelta della tecnica dipende da molti fattori come la quantità di gengiva residua a livello della lesione, l’integrità dell’osso alveolare, la presenza o meno di perdita di sostanza dentale e da fattori legati al paziente stesso. Oggi è possibile, grazie anche alla combinazione di più tecniche e comunque all’affinamento avvenuto nel tempo della chirurgia muco-gengivale, trattare contemporaneamente recessioni che coinvolgono più denti della stessa arcata dentaria in unica seduta chirurgica. Diminuendo quindi il numero degli interventi necessari e lo stress per il paziente.