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L’implantologia è una branca dell’odontoiatria che ha come obiettivo il ripristino dei denti persi attraverso delle “radici artificiali” in titanio. Il titanio e alcune sue leghe sono materiali estremamente biocompatibili e possono essere utilizzati per creare delle piccole viti che, inserite all’interno dell’osso, dove un tempo c’erano i denti, formano un legame stabile e duraturo con questo. L’impianto in titanio è una struttura simile a una vite che sostituisce il dente. Esso è come una radice artificiale sulla quale si può connettere il nuovo dente.
Gli osteoblasti, le cellule deputate alla formazione del tessuto osseo, aderiscono alla superficie degli impianti e da qui cominciano a creare il nuovo tessuto che li ancorerà in maniera fissa. Agli impianti vengono poi connessi i denti artificiali attraverso dei pilastri protesici (abutment) e il paziente può tornare a mangiare, sorridere e parlare come prima delle estrazioni. Il recupero della funzione e dell’estetica dell’apparato masticatorio è lo scopo principale dell’implantologia, gli impianti devono essere posizionati nel miglior modo possibile e la protesi fissa, che sorreggono, deve essere progettata per sostenere i carichi masticatori nel modo più adeguato e per ripristinare il corretto rapporto fra denti, gengive, labbra e tutto l’apparato masticatorio.
L’impianto, come già detto, è una vite in titanio che viene posizionata all’interno dell’osso e funge da supporto per un pilastro (o abutment) che sorregge la corona protesica. Un singolo impianto può in determinate condizioni sostituire in maniera eccellente un singolo dente. Nel caso in cui manchino più denti, ad esempio 3, possono essere inseriti 2 impianti a supporto di un ponte di 3 elementi. In questo modo si evita un inutile e costoso terzo impianto, si mantiene un’adeguata distanza fra i pilastri e si permette una più facile igiene al paziente. Per l’edentulismo totale, se mancano cioè tutti i denti di un’arcata, possono essere inseriti 6 o addirittura 4 impianti a supporto dei 12 denti. In genere è possibile inserire il giorno stesso o il successivo la protesi provvisoria fissa e permettere al paziente di gettar via la vecchia protesi mobile.
La tecnica originaria, tuttora valida in determinate situazioni, prevede di togliere i denti ormai compromessi, attendere la guarigione del sito, inserire gli impianti e lasciarli guarire in maniera sommersa cioè al di sotto della gengiva. È necessario poi un secondo intervento per scoprire gli impianti e connetterli ai denti provvisori che nel frattempo sono stati preparati. In alternativa la guarigione può essere trans-mucosa, sull’impianto viene avvitata una vite di guarigione che consente ai tessuti di guarire e maturare, si evita così un secondo intervento chirurgico. In entrambi i casi, sia che la guarigione sia sommersa o trans-mucosa, si parla di carico differito poiché i denti protesici sono connessi quando il processo di osteointegrazione è a uno stadio avanzato, circa 3-4 mesi per la mandibola e 5- 6 per il mascellare superiore. La ragione di questa attesa sta nel fatto che durante il periodo di osteointegrazione è fondamentale che sugli impianti non agiscano forze in grado di determinare movimenti oltre i 150 µ. Se ciò avviene è molto probabile che fra osso e impianto si formi uno strato di tessuto molle che porterà al fallimento dell’intervento. Sommergendo l’impianto o usando una vite di guarigione lo si protegge.
La protesizzazione immediata prevede invece di costruire entro 1-2 giorni, o anche al termine dell’intervento, un provvisorio che permetta al paziente di mantenere un’estetica adeguata. Ciò si fa in genere quando ad essere sostituiti sono elementi anteriori per evitare spazi vuoti o provvisori mobili. Il provvisorio è costruito in maniera tale da non toccare con i denti dell’altra arcata per evitare carichi dannosi, per questa ragione è leggermente più corto.
Per carico immediato si intende la consegna entro 24-48 ore dall’intervento di una protesi fissa con la quale il paziente può subito tornare a mangiare e sorridere. L’affinamento della tecnica, la maggiore conoscenza dei processi di guarigione ossea unitamente all’utilizzo di impianti sempre più perfezionati hanno reso questa pratica estremamente affidabile. Nei casi correttamente selezionati è dunque possibile ridurre il numero di interventi chirurgici e evitare al paziente di restare senza denti provvisori o costringerlo a portare una protesi mobile. La condizione in cui il carico immediato è più spesso applicato è la riabilitazione di un’intera arcata dentaria. Ciò che è fondamentale è che gli impianti siano in numero sufficiente, correttamente posizionati e sufficientemente stabili.
La quantità di informazioni pubblicitarie riguardanti il carico immediato è enorme e molto spesso tendenziosa. Molti siti, italiani, croati o low cost promettono risultati miracolosi ottenibili in ogni situazione senza alcun possibile inconveniente, ma è realmente così? Facciamo il punto della situazione.
Per denti fissi in un giorno si intende riabilitare un’arcata dentaria completa togliendo i denti non mantenibili e inserendo degli impianti a sostegno di una protesi consegnata il giorno stesso o il successivo. Può sembrare una cosa semplice, ma in questo piano di trattamento è insita la maggior parte delle difficoltà e delle possibilità di fallimento della moderna implantologia.
Le più frequenti cause di fallimento dei denti fissi in 1 giorno sono:
1. gli impianti non sono inseriti nell’osso guarito dopo 2-3 mesi dall’estrazione, ma subito dopo pochi minuti
2. il numero di impianti è ridotto
3. il provvisorio deve essere prodotto sulla base di poche informazioni ed entro 48 dell’intervento gli impianti sono esposti a carichi masticatori potenzialmente dannosi.
Impianti post-estrattivi e carico immediato su arcata completa sono tra le maggiori innovazioni dell’implantologia degli ultimi anni: essi possono essere la punta di diamante di un serio protocollo di riabilitazione oppure armi deleterie in mani inesperte e imprudenti. Il faro di ogni buon dentista deve essere la ricerca scientifica condotta attraverso studi seri e imparziali; l’esperienza permette poi di gestire in maniera corretta il progetto di trattamento e tutti i possibili inconvenienti che si possano verificare.
Scientificamente, oggi è possibile applicare un protocollo che preveda nella stessa giornata di sostituire anche entrambe le arcate dentarie con impianti e di consegnare il giorno successivo dei “denti fissi” con una percentuale di successo sovrapponibile all’implantologia tradizionale. Ciò che è complesso è la gestione contemporanea della fase chirurgica e protesica, una volta tolti i denti vengono perse tutte le informazioni e il provvisorio prodotto potrebbe essere completamente inadeguato. Per ovviare a questo inconveniente il dottor Becattelli e il dott. Biscaro hanno sviluppato e pubblicato un protocollo chirurgico-protesico che permette di realizzare provvisori già ben integrati nella bocca del paziente, esteticamente armonici e gradevoli (Biscaro L, Becattelli A, Poggio PM, Soattin M, Rossini F. The one-model technique: a new method for immediate loading with fixed prostheses in edentulous or potentially edentulous jaws. Int J Periodontics Restorative Dent. 2009 Jun.29).
L’occlusione dentale (cioè, come i denti sopra e sotto toccano fra loro) sono un altro aspetto molte volte poco considerato: se le protesi provvisorie e definitive non hanno dei corretti rapporti occlusali, oltre a un disagio del paziente si andrà sicuramente incontro a problematiche meccaniche di frattura delle componenti fino all’eventuale perdita di impianti.
Per quanto riguarda l’intervento, in genere consigliamo di eseguirlo con assistenza anestesiologica: il paziente viene sedato, ma rimane sempre cosciente durante tutto l’intervento, è semplicemente molto rilassato e ha una ridotta percezione del tempo. Nonostante la durata dell’intervento sia circa di sole due ore per arcata, la sedazione cosciente permette di affrontarlo molto più serenamente. Durante tutto il tempo, i parametri vitali sono costantemente monitorati e ciò dà la massima sicurezza e tranquillità. Il team di professionisti è fondamentale in questo tipo di interventi complessi e alla giusta integrazione fra di essi si deve il successo della terapia. Implantologo, protesista, laboratorio odontotecnico devono svolgere il proprio ruolo in funzione delle altre fasi del trattamento. Impianti in posizione scorretta o non utilizzabili, protesi incongrue e imprecise sono le naturali conseguenze della mancanza di comunicazione.
È sempre utile ricordare che la fase più importante, quando un paziente chiede una visita, è la diagnosi: se realmente i denti siano da estrarre o meno va valutato da professionisti che non siano solo in grado di toglierli e sostituirli ma abbiano la competenza e l’etica per consigliare la cura migliore.
Questa tecnica nasce per poter fornire una protesi fissa su impianti a carico immediato anche nelle situazioni in cui non sia possibile posizionare impianti nelle zone posteriori senza ricorrere a innesti ossei o altri interventi di rigenerazione. Molto spesso infatti già con la radiografia panoramica risulta evidente che a livello di molari e premolari non si possono inserire impianti senza interventi lunghi, costosi e fastidiosi. Nel mascellare superiore ciò accade perché è presente una cavità piena d’aria collegata al naso proprio al di sopra dei molari: il seno mascellare. Quando i denti vengono persi si riassorbe in parte l’osso che li conteneva: poiché non può più svolgere la sua funzione di sostegno, in parte si espande il seno mascellare.
Ciò risulta in un’altezza ossea insufficiente a posizionare gli impianti. La mandibola invece è percorsa dal nervo alveolare inferiore, esso a livello dei premolari ne esce e dà sensibilità a labbro e mento. Se nel corso di qualsiasi pratica chirurgica si arrecano danni alla sua struttura vi è in rischio della perdita di sensibilità e addirittura dell’anestesia dolorosa della zona da esso innervata. Per questa ragione, quando nei settori posteriori vi è stato un marcato riassorbimento osseo, gli unici interventi possibili sono gli interventi rigenerativi.
In genere però, nonostante la perdita ossea posteriore, è quasi sempre disponibile una certa quota di volume osseo anteriormente. Anziché posizionare tutti gli impianti dritti, è stato proposto di inserire due impianti anteriori dritti e di inclinare i due posteriori; ciò permette di sfruttare al massimo l’osso residuo e portare l’emergenza degli impianti più indietro con un grande vantaggio meccanico. Con soli 4 impianti, dei quali 2 inclinati si sono ottenute altissime percentuali di successo, perfettamente sovrapponibili a quelle dell’implantologia tradizionale. È interessante notare che nella maggior parte degli studi non si è mai verificato un fallimento protesico per il quale cambiare la protesi inizialmente inserita.
Evitare interventi maxillo-facciali e prelievi da mento, ramo mandibolare, cresta iliaca o calotta cranica rappresenta un indubbio vantaggio in termini di disagio post operatorio per il paziente. Durante tutta la cura non è mai richiesto di portare protesi mobili o restarne senza; la protesi provvisoria fissa, inserita il giorno successivo all’intervento o il giorno stesso, permette una corretta vita sociale e di relazione. La funzione della protesi provvisoria è molto importante anche dal punto di vista meccanico; essa infatti unisce fermamente i 4 impianti fra loro durante il periodo di guarigione come fa una protesi ortopedica mentre guarisce una frattura ossea. Inoltre per una perfetta riuscita dell’intervento gli impianti non devono avere micro movimenti importanti; per questo motivo la protesi fissa provvisoria ha un ruolo molto importante perché li blocca “ingessandoli”.
La chirurgia computer guidata consta nella progettazione virtuale dell’inserimento impiantare, una pratica divenuta ormai di routine nei moderni centri odontoiatrici. Analizzando la tac del paziente con sofisticati software è possibile valutare esattamente l’anatomia e la morfologia dei mascellari, analizzare la qualità ossea e individuare i siti più adatti al posizionamento degli impianti. L’ulteriore passo permesso da questa tecnologia è quello di realizzare delle guide chirurgiche che permettono di trasferire il progetto virtuale nella bocca del paziente. In molti casi è perciò possibile inserire gli impianti con precisione sub-millimetrica senza nemmeno bisogno di incidere un lembo. Per questo motivo si parla di Chirurgia senza bisturi.
L’implantologia a carico immediato è una nuova tecnica che prevede di inserire gli impianti e di connettervi i nuovi denti lo stesso giorno o al massimo il giorno successivo. Ciò è possibile grazie alle nuove superfici e forme degli impianti. Fino a non molti anni fa si pensava infatti che l’impianto dovesse essere lasciato coperto dalla gengiva per 4-6 mesi affinché potesse osteointegrarsi. Il pericolo è che le forze che agiscono sugli impianti appena inseriti possano determinare movimenti anche piccolissimi (oltre i 150 micron). Se ciò avviene è molto probabile che l’osso e l’impianto non si uniscano fra loro in maniera forte e che l’intervento diventi un fallimento.
Per questa ragione prima di decidere di fare carico immediato, quindi di connettere immediatamente i denti all’impianto, bisogna valutare con molta attenzione se ci siano le condizioni che lo permettano. La quantità e soprattutto la qualità ossea devono essere sufficienti a supportare il carico immediato e le condizioni di salute generale del paziente devono essere adeguate.
Il principale vantaggio del carico immediato per il paziente è quello di doversi sottoporre a un solo intervento chirurgico. Quando vi è la possibilità si possono addirittura togliere i denti irrecuperabili, inserire gli impianti e inserire i nuovi denti provvisori tutto nella stessa giornata. La condizione in cui il carico immediato è particolarmente indicato è quando si deve sostituire un’arcata completa. Inserendo 4 o 6 impianti si può sopportare un’intera arcata dentaria; la disposizione degli impianti è ideale per distribuire i carichi masticatori e il paziente può subito tornare a mangiare e sorridere. Riducendo le sedute operative e i passaggi attraverso provvisori eccessivi è possibile ridurre i costi e ciò si traduce in un risparmio molto consistente per il paziente, fino al 30%-35% della spesa. Soprattutto si riduce il disagio per il paziente che con un’unica seduta operatoria risolve il problema e dunque riduce notevolmente i tempi ed il pensiero di doversi recare dal dentista, che molto spesso crea ansia e timore.
Un’altra pratica permessa dai nuovi tipi di impianti parcolarmente performanti è la protesizzazione immediata. Essa prevede di costruire entro 1-2 giorni, o anche al termine dell’intervento, un provvisorio che permetta al paziente di mantenere un’estetica adeguata. Al termine delll’intervento dunque il paziente può mostrare un bel sorriso anche se non è quello definitivo. La differenza col carico immediato è che il provvisorio non è masticante. Si fa in genere quando ad essere sostituiti sono elementi dentari anteriori per evitare spazi vuoti o provvisori mobili.
Vengono ormai da tempo utilizzate, nei casi appropriati, delle tecniche computer-guidate per l’inserimento degli impianti dentali. Tecniche minimamente invasive rispetto alle tecniche chirurgiche tradizionali. Queste metodiche permettono di posizionare gli impianti dentali nelle creste ossee senza bisogno del bisturi, cioè senza incidere le gengive e senza bisogno di punti di sutura. Ne consegue il grande vantaggio che il paziente non avrà, alla fine dell’intervento di implantologia, né dolore né gonfiore.
Questa tecnica prevede in ogni singolo caso, oltre agli esami necessari per un corretto piano di trattamento anche un esame TAC dell’arcata interessata. Questo esame TAC viene poi trasmesso in digitale ad un apposito programma 3D di un computer. Il chirurgo può così ora eseguire al computer il piano di trattamento, cioè simulare l’intervento avendo davanti a sé la rappresentazione digitale in 3D delle creste ossee, scegliendo il tipo, la dimensione, il numero e i punti esatti delle arcate mascellari in cui inserire con precisione millimetrica gli impianti.
Quindi i dati di questa simulazione vengono spediti ad un apposito centro, nel quale viene costruita, passando dal virtuale al reale, una dima chirurgica. La dima chirurgica è un mascherina in resina che verrà posizionata perfettamente sull’arcata mascellare del paziente al momento dell’intervento implantologico. Questa mascherina presenta dei fori a forma di piccolo tubo attraverso i quali verranno inseriti gli impianti nella posizione esatta prevista, quindi senza un’incisione della gengiva, ma solo attraverso un piccolo foro e senza bisogno di punti di sutura.
Ulteriore vantaggio di questa metodica è dato dalla conoscenza dell’esatta collocazione degli impianti ancor prima del loro effettivo inserimento nelle creste ossee.
Questa conoscenza darà la possibilità al laboratorio odontotecnico di costruire in anticipo la protesi provvisoria fissa, rendendo così possibile per il dentista l’applicazione della protesi dentaria sugli impianti appena finito l’intervento. Il paziente potrà quindi, in un giorno solo, uscire dallo studio, senza dolore né gonfiore e con tutti i suoi nuovi denti.
Spesso, dopo la perdita dei molari o dei premolari superiori, il naturale riassorbimento osseo porta ad avere un volume osseo disponibile non sufficiente al tradizionale inserimento impiantare. Diverse tecniche chirurgiche permettono anche in questi casi di evitare la protesi mobile e poter riavere i denti fissi. La tecnica oggi più sicura per superare questo problema è il rialzo di seno mascellare.
Il seno mascellare è una cavità all’interno del mascellare superiore, rivestita di mucosa, piena d’aria, in comunicazione col naso e posizionata al di sopra delle radici dei molari e premolari superiori. Quando tra la cresta alveolare e il pavimento del seno mascellare non vi è sufficiente altezza per il posizionamento impiantare, è possibile sollevare la membrana mucosa del seno e inserire nello spazio creato dei bio-materiali che nel giro di alcuni mesi favoriranno la formazione di nuovo osso. Ciò viene fatto attraverso una piccola botola sulla parete laterale che permette il sollevamento e il riempimento. Ogni qualvolta sia possibile è consigliabile inserire anche gli impianti nella stessa seduta operatoria, ciò ridurrà il numero di interventi chirurgici, i tempi necessari alla guarigione aumentando il confort del paziente.
Le complicanze più frequenti associate a questo tipo di intervento sono la rottura della membrana (che può mettere a rischio tutta l’operazione) e l’infezione del materiale riempitivo (che può causare grossi disagi al paziente compresa la necessità di riaprire per togliere il materiale infetto).
Per ovviare a questi problemi il dott. Becattelli ha messo a punto una tecnica innovativa, oggi sempre più utilizzata. Essa è stata oggetto di pubblicazione sulla Rivista Italiana di Stomatologia: Posizionamento impiantare contestuale al rialzo del seno mascellare in una cresta estremamente atrofica senza impiego di biomateriali. Descrizione della tecnica e di un caso: The international Journal of periodontics and restorative dentistry 2009; A human histologic report of an implant placed with simultaneous sinus floor elevation without bone graft. 2012 Aug.
La tecnica di posizionamento impiantare contestuale al rialzo del seno mascellare si basa sulle enormi potenzialità biologiche di guarigione del seno mascellare e prevede di utilizzare soltanto un riempitivo a rapidissimo riassorbimento ogni volta in cui vi sia anche una minima quota di osso che permetta di inserire gli impianti in maniera stabile.
Questo intervento di rialzo del seno mascellare contestualmente all’inserimento dell’impianto si svolge in anestesia locale ad è completamente indolore. Nei giorni successivi all’intervento si consiglia al paziente di continuare una breve terapia farmacologica che consente di minimizzare i possibili fastidi. Un lieve gonfiore è normale ed è l’unico disagio, che in genere scompare nel giro di qualche giorno.
La tecnica di rialzo del seno mascellare, che un tempo non era così sicura, ha raggiunto oggi livelli di successo molto vicini a quelli degli impianti inseriti in maniera tradizionale. Indispensabile è sempre una adeguata diagnosi iniziale che valuti sia la situazione clinica che le condizioni di salute generale del paziente.
Cattiva igiene orale, fumo, diabete non controllato, osteoporosi possono incidere in maniera estremamente negativa sull’esito dell’intervento di rialzo del seno mascellare e vanno valutati in maniera attenta. Per questo il dottor Becattelli e i suoi collaboratori ritengono sempre indispensabile dedicare un tempo sufficiente per eseguire una prima visita accurata del paziente per poter elaborare un corretto piano di trattamento e illustrarlo chiaramente.
Il mini-rialzo del seno mascellare è un intervento meno invasivo e più veloce del grande rialzo di seno. In questo caso l’approccio anziché essere laterale è crestale. Significa che invece di aprire una botola sulla parete laterale del seno mascellare, il sollevamento della membrana e il riempimento viene fatto da sotto, attraverso i piccoli fori in cui poi saranno inseriti gli impianti.
L’indicazione per questa tecnica è più ristretta: si possono ottenere aumenti in altezza di 4-5 mm di osso, un maggior sollevamento della membrana aumenta di molto il rischio di lacerarla. Un’altra limitazione all’intervento di mini-rialzo del seno mascellare è la mancanza di un controllo visivo diretto, come è possibile con il grande rialzo, ma soltanto indiretto. Dopo un tempo di attesa limitato di alcuni mesi dall’intervento, gli impianti potranno essere protesizzati, ovvero si potrà connettere prima il dente provvisorio e poi il definitivo.
Gli impianti endoossei osteointegrati hanno alta percentuale di successo (studi scientifici riportano un percentuale di successo pari al 95% per gli impianti Branemark dopo 25 anni dal loro inserimento). Per raggiungere queste percentuali, però, bisogna che il dentista si attenga ad un scrupoloso protocollo chirurgico protesico, a cui deve poi seguire un rigoroso programma di controlli periodici con sedute di igiene orale professionale (2 volte l’anno).
Il protocollo tradizionale prevedeva una prima fase chirurgica in cui gli impianti venivano inseriti nelle ossa mascellari ed erano poi completamente sommersi dalla gengiva soprastante. Dopo un periodo di alcuni mesi (4 nella mandibola e 6 nel mascellare superiore) in cui gli impianti si osteointegravano, venivano scoperti o connessi alle strutture protesiche. Oggi grazie anche alle nuove caratteristiche implantari è possibile, in molti casi, inserire gli impianti con una sola fase chirurgica e eseguire il cosiddetto “impianto a carico immediato“ e posizionare subito i denti sugli impianti.
Per sostituire i denti naturali ci sono diverse modalità:
1) ponti fissi su denti naturali; i denti devono essere preparati, cioè limati, con perdita quindi di sostanza dentale;
2) protesi parziali rimovibili, chiamate anche “scheletrati”, che si ancorano ai denti residui e coprono la gengiva delle zone edentule. Nel tempo le protesi parziali provocano un riassorbimento dell’osso su cui si appoggiano ed hanno bisogno di continui “aggiustamenti”
3) protesi complete rimovibile, le cosiddette “dentiere” , che si appoggiano sulla gengiva di tutta l’arcata edentula. Le dentiere superiori sono più ingombranti perché provviste di “palato”. Se la quantità d’osso residuo, come succede spesso con l’andare avanti nel tempo, non è sufficiente alla loro aderenza sono necessarie delle paste per aumentarne la stabilità. Nel tempo inducono sempre un accentuato riassorbimento osseo.
Tutte queste varie soluzioni protesiche quindi portano dei vantaggi e degli svantaggi che vanno valutati bene dal paziente con il suo dentista, per poter scegliere la soluzione più idonea.
Gli impianti possono essere inseriti con successo anche nei soggetti colpiti da osteoporosi e non ci sono controindicazioni al loro inserimento, a meno che la paziente non sia sotto cura con farmaci bisfofonati. In questo caso sono necessari delle attenzioni e dei provvedimenti ulteriori prima di procedere all’implantologia.
Non esiste il rigetto dell’impianto biologicamente inteso. Il materiale di cui sono costituiti gli impianti, il titanio, è estremamente biocompatibile. Se l’impianto fallisce non è perché l’organismo lo rigetta ma perché viene incapsulato da uno strato fibroso che impedisce la connessione con l’osso. Nel giro di poco tempo l’impianto si sfila poiché non è osteointegrato.
Di solito, si possono inserire gli impianti già dopo due mesi dall’estrazione dei denti. Tuttavia, oggi, quando il dentista lo reputa possibile, si posiziona l’impianto nella stessa seduta dell’estrazione potendo così avere denti nuovi in un solo giorno.
Di solito si aspettano dai 3 ai 6 mesi dopo l’inserimento dell’impianto, oggi però sempre più spesso si protesizzano gli impianti appena subito dopo il loro inserimento (carico immediato) oppure dopo qualche settimana, tutto questo dipende da diversi aspetti che vanno valutati dallo specialista. E’ dunque possibile avere nuovi denti e quindi un bel sorriso in un giorno solo. La valutazione spetta al dentista.
Il tempo necessario per inserire un impianto può essere minimo, minore di quello necessario per fare un’otturazione, quando tutte le condizioni sono buone. Certamente per interventi complessi, come quelli per un’intera arcata dentale o nel caso di rigenerazione dei tessuti perché inadeguati, il tempo può essere più lungo. In queste situazioni è possibile eseguire l’intervento in sedazione cosciente in completa sicurezza, grazie alle moderne apparecchiature di cui dispone lo Studio Dentistico Becattelli.
L’impianto dentale si può perdere perchè non si è fissato all’osso sottostante, non si è, cioè, osteointegrato. Questo avviene di solito nei primi giorni dopo il suo inserimento quasi sempre però l’impianto perso può essere sostituito.
I tessuti intorno agli impianti possono andare incontro ad infiammazione, così come succede con i denti naturali, dovuti alla placca batterica. Queste infiammazioni, dovute alla scarsa igiene orale domiciliare, possono progredire dando luogo alle perimplantiti, con perdita progressiva dei tessuti di sostegno dell’impianto, fino alla perdita stessa dell’impianto. Tutto questo però, si può evitare eseguendo le necessarie manovre domiciliari e sottoponendosi a controlli periodici professionali.